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Le nuove prove in appello nel processo amministrativo

Le nuove prove in appello nel processo amministrativo
Il G.A. può acquisire d’ufficio nuove prove in appello solo se indispensabili o se non potevano oggettivamente essere prodotte in primo grado.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5560 del 27 luglio 2021, ha affrontato il problema dei limiti al potere del Giudice Amministrativo di acquisire nuove prove in appello, precisando che tale potere sussiste solo se le prove in questione appaiono indispensabili ai fini della decisione della causa oppure se esse non potevano oggettivamente essere presentate in primo grado.
Tanto è infatti previsto dal legislatore all’art. 104 co.2 c.p.a., secondo cui in appello non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.
Il Collegio specifica poi che siffatta condizione può sussistere:
  • se la parte non aveva la disponibilità della prova in questione;
  • se l’esigenza istruttoria è sorta solo in appello.

Il Giudice non può invece acquisire d’ufficio nuove prove in appello – specifica il Consiglio di Stato – nel caso in cui “la lacuna istruttoria sia interamente imputabile alla parte”.
Ciò in quanto il processo amministrativo si regge sul c.d. principio dispositivo anche con metodo acquisitivo, come emerge dall’art.64 c.p.a.: secondo tale regola, infatti, sulla parte interessata a provare un fatto grava un onere probatorio alleggerito, essendo sufficiente che essa produca un principio di prova, fermo l’onere di definire con precisione il c.d. thema probandum, cioè di allegare tutti i fatti da provare in modo sufficientemente circostanziato.
A fronte di tale produzione, poi, per la consolidata giurisprudenza amministrativa, è configurabile il potere-dovere del giudice di acquisire ulteriore materiale probatorio integrativo in soccorso della parte che, incolpevolmente, non era nelle condizioni di fornire la piena prova.
Tale principio, in particolare, si giustifica alla luce della sostanziale disparità che caratterizza le parti del processo amministrativo: per il privato, infatti, può essere non semplice accedere al materiale probatorio, spesso in esclusivo possesso della Pubblica Amministrazione. A fondamento del principio in esame, quindi, si scorge una ratio riqeuilibratrice, coerente con l’importante principio della vicinanza della prova.

La giurisprudenza amministrativa (si veda Cons. St., Sez. V, 28 gennaio 2016, n. 284) ha già però precisato che, se i fatti e i documenti sono nella disponibilità esclusiva del privato ricorrente, deve operare il principio dispositivo c.d. secco, per cui gli elementi di prova devono essere prodotti esclusivamente da costoro.
Per tale ragione, pertanto, in caso di ingiustificate e colpevoli omissioni probatorie della parte, il Consiglio di Stato precisa che il potere d’ufficio del giudice non si può attivare nemmeno in appello.

Un’eventuale lacuna istruttoria del Giudice Amministrativo di prime cure, invece, può benissimo essere sanata in appello mediante l’attivazione del potere di acquisizione d’ufficio.


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