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Alla Consulta la questione sulla legittimitą costituzionale dell'aggravante della fuga del conducente di cui all'art. 590 ter c.p.

Alla Consulta la questione sulla legittimitą costituzionale dell'aggravante della fuga del conducente di cui all'art. 590 ter c.p.
Sindacato di legittimità costituzionale per l'art. 590 ter c.p. riguardo l'aggravante speciale del delitto colposo di lesioni personali stradali gravi o gravissime.
Con ordinanza del 22 settembre 2022 Il tribunale di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. art. 590 ter del c.p., introdotto dall’art. 1, legge 23 marzo 2016, n. 41, in relazione agli artt. 3 e 27, co. I e III, Cost., nella parte in cui prevede la pena minima e fissa di tre anni di reclusione per il reato colposo di lesioni personali stradali gravi, nella manifestazione aggravata dalla fuga del conducente.
L’incidente di legittimità costituzionale si inserisce in un processo per il delitto di cui agli artt. art. 590 bis del c.p., co. I e VI, 590 ter c.p. in concorso con quello di cui agli artt. 99, co. III, c.p., 189, co. 6 e 7, d. lgs. 30.4.1992, n. 285 Codice della strada.
Nel caso in esame, secondo la prospettazione dell'accusa, l'imputato, che era conducente di un veicolo a motore, in conseguenza della violazione di molteplici disposizioni cautelari non è riuscito a evitare l'investimento di un pedone in transito sull'attraversamento pedonale. In particolare, gli causava lesioni personali gravi, riferibili al disposto dell'art. art. 590 bis, co. I, c.p.. Inoltre, sono state contestate le aggravanti di aver commesso il fatto con patente sospesa (art. 590 bis, co. VI, c.p.) e di essersi dato alla fuga (art. 590 ter c.p.), vieppiù non ottemperando all’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alla persona ferita (art. 189, co. 6 e 7, C.d.S.).

Orbene, all'esito del giudizio di bilanciamento di cui all'art. art. 69 del c.p. il Tribunale ha reputato più grave la violazione prevista dal codice penale, constatando che la determinazione della pena base sia vincolata nella misura fissa di tre anni.
Invero, all'art. 590 ter c.p., il legislatore ha previsto una circostanza aggravante speciale a effetto speciale che produce un aggravamento della pena da un terzo a due terzi e fissa, in ogni caso, il minimo edittale in tre anni di reclusione.

In ragione di ciò il Tribunale rileva come sommandosi gli aumenti frazionari alla cornice prevista per le lesioni stradali gravi (da 3 mesi a 1 anno), si ottiene un arco compreso tra 4 mesi e 1 anno e 8 mesi, complessivamente inferiore al limite minimo di 3 anni imposto dalla seconda parte della norma citata; di talché il giudice si trova costretto ad irrogare proprio la pena di 3 anni, non essendovi un termine inferiore, né superiore da poter considerare.

Tuttavia, il rimettente osserva come la previsione di un trattamento sanzionatorio fisso si ponga in contrasto con i principi di uguaglianza, personalità e di proporzionalità della pena, nonché con la finalità rieducativa della stessa siccome impedisce al giudice di adeguare la sanzione alla concreta gravità del fatto.
L’assunto trova conforto nella giurisprudenza costituzionale, in particolare con riferimento alle pronunce relative al divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti di cui agli artt. 73, co. 5, d.p.r. 9.10.1990, n. 309 (lieve entità della detenzione di stupefacenti), 648, co. II, oggi co. IV, c.p. (ricettazione attenuata) e 219, co. III, r.d. 16.3.1942, n. 267 (danno patrimoniale di speciale tenuità nelle ipotesi di bancarotta fraudolenta, semplice e preferenziale) rispetto alla recidiva qualificata ex art. 99, co. IV, come previsto dall’art. 69, co. IV, c.p.1 .
Inoltre, argomentando a fortiori, il Tribunale ha rimarcato come la Consulta, con sentenza additiva 5.12.2018, n. 222, abbia dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 216, u.c., r.d. 16.3.1942, n. 267 (bancarotta fraudolenta) nella parte in cui prevede le pene accessorie dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di 10 anni “anziché fino a 10 anni”, proprio sul rilievo che la rigida applicazione di quella pena accessoria, determini «risposte sanzionatorie sproporzionate per eccesso … e appaia comunque distonica rispetto al principio dell’individualizzazione del trattamento sanzionatorio» . Ebbene, una simile ratio decidendi dovrebbe valere, a maggior ragione, con riferimento ad una pena principale.
Ne deriva la necessità di sospendere il procedimento e di rimettere la questione alla Corte costituzionale.

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