Panorama Panorama

  • Tra i segreti di Malta
    by Riccardo Drago on 24 Luglio 2024 at 14:30

    Il fascino de La Valletta, capitale dell’isola, riconosciuta come «patrimonio dell’Unesco». E poi l’antica Mdina, luogo di grandi suggestioni architettoniche, e la cittadella fortificata di Rabat… Scoprire l’arcipelago nel cuore del Mediterraneo è come immergersi nella storia di molteplici civiltà. Compresa quella romana, che qui viene fatta rivivere sul set del «sequel» Il gladiatore 2 di Ridley Scott.Non un’isola, ma un arcipelago (con Gozo, Comino, più una serie di altre isolette), Malta offre la possibilità di un viaggio a prezzi contenuti, facilmente raggiungibile dall’Italia e per molti versi davvero sorprendente: anzitutto perché in questi luoghi è viva l’eco di secoli di storia del Mediterraneo e delle civiltà che li hanno attraversati, da quella fenicia agli antichi greci, e poi i romani, gli arabi, i normanni fino agli inglesi durante la Seconda guerra mondiale. In secondo luogo perché si trovano ancora quei paesaggi, spiagge e costoni di roccia a picco su una vertigine d’azzurro profondo, largamente incontaminati dal turismo di massa. Tutto concentrato in un territorio ristrettissimo, che consente di attraversare l’isola maggiore nella sua parte più lunga in una sola ora di macchina, motivo per cui si consiglia il noleggio di un’auto se si decide di soggiornarvi oltre un week-end. Il viaggio non può che iniziare da Valletta, la capitale, che è patrimonio dell’Unesco: il nostro consiglio è camminare per le sue strade strette, ricche di architettura barocca, per ammirare angoli suggestivi come Piazza della Repubblica o Piazza San Giorgio. Certamente non si può mancare una visita alla Concattedrale di San Giovanni, dove si trova il capolavoro Decollazione di San Giovanni Battista del Caravaggio che qui trovò lavoro e rifugio, prima di essere imprigionato per vilipendio ai nobili maltesi, né perdersi la vista sul Grande Porto di Malta che si gode dagli splendidi Giardini superiori di Barakka.Certamente merita la scoperta anche il Forte Sant’Elmo, oggi Museo Nazionale della Guerra, ma soprattutto traccia delle tante fortificazioni costruite qui non solo dai Cavalieri di Malta a difesa della città e dell’isola contro i tanti nemici in arrivo dal mare, in particolare i turchi ottomani che vi posero assedio nel 1565. Oltre a Forte Manoel e Forte Ricasoli, oggi un grande set cinematografico (si veda il box a pagina 82), che non sono visitabili, c’è Forte Sant’Angelo, in cui fu rinchiuso Caravaggio, e che costituisce il baluardo della dirimpettaia città di Vittoriosa o Birgu, in cui vale la pena una passeggiata pomeridiana per visitare il museo dell’Inquisizione e magari cenare in uno dei locali affacciati sul porticciolo. L’alloggio a Valletta si può trovare sia in hotel rinomatissimi come il Phoenicia o l’Iniala Harbour House sia in una costellazione di raffinati e più economici boutique hotel, nati dal restauro di palazzi antichi, mentre per mangiare, scartata la tanta offerta di pasta e pizza, suggeriamo di provare la cucina locale frutto di influenze di varie culture. Per una serata speciale poi niente di meglio che il Noni, una stella Michelin, dove lo chef Jonathan Brincat sarà in grado di ammaliarvi con un menu che reinventa la tradizione e in cui spiccano il gambero rosso e l’agnello locali, delle olive che sembrano tali e non sono, oltre ai sorprendenti vini dell’isola. Malta è tutta da scoprire: così la cosa migliore è affittare l’auto ed esplorare le sue varie cittadine, come Attard, Gzira e Sliema che magari meritano anche solo per il lungomare, o ancora i panorami e le spiagge, come Riviera Beach, Golden Bay e Karraba Bay, o le scogliere come Dingli. Certamente non bisogna perdersi una visita all’Ipogeo di Hal Saflieni, santuario preistorico e poi necropoli, costruito sottoterra, e una lunga passeggiata romantica, meglio se verso il tramonto, tra le vie di Mdina, ribattezzata la città del silenzio, per i suoi soli 300 abitanti, dove si può ammirare la spettacolare porta medievale e la Cattedrale di San Paolo, scoprendovi anche tracce della storia di Sant’Agata, patrona dei catanesi. Sicuramente tra le escursioni raccomandate c’è quella all’isola di Gozo, cui si accede in ferry dal terminal di Cirkewwa, e i cui paesaggi ricordano il nostro Meridione. Qui conviene salire alla cittadella fortificata di Rabat: il panorama su tutta Gozo e fino a Malta è semplicemente spattacolare. E imperdibile è il Santuario di Ta’ Pinu, una sorta di Fatima maltese, centro della devozione per la Vergine Maria (con straordinari ex voto alle pareti). Ma sull’isola c’è anche un affascinante côté naturalistico: ecco allora la Baia di Dwejra, dove fare il bagno o trovare l’occasione di immersioni ricche di scoperte subacquee, e un’escursione per vedere la finestra naturale di roccia di Wied il-Mielah, il fiordo di Wied il-Ghasri e le saline di Qbajjar, dove far incetta di un sale sopraffino raccolto a mano da generazioni dalla stessa famiglia. Un ultimo, sentito consiglio: un tuffo nel blu profondo, dagli scogli di Il-Kantra Beach. Dopo, per rilassarsi, c’è il Ta’ Cenc Bar & Restaurant, costruito poco più in alto, a picco sul mare.Quando la bellezza diventa perfezione.

  • Parigi 2024, il volley italiano per cancellare la maledizione
    by Giovanni Capuano on 24 Luglio 2024 at 13:49

    Riuscire dove la generazione di fenomeni ha fallito. Vincere la medaglia d’oro sfuggita troppe volte a partire da quel maledetto quinto posto di Barcellona 1992 e con l’apice nella finale persa ad Atlanta quattro anni più tardi in un tie break deciso da un pallone solo. La pallavolo italiana vola a Parigi per cancellare la maledizione. Due squadre che partono con il favore del pronostico, sperando che questa pressione non schiacci ragazze e ragazzi di Julio Velasco e Fefé De Giorgi. I maschi, in particolare, sbarcano ai Giochi da campioni d’Europa e del Mondo, con un gruppo rinnovato anagraficamente e nello spirito. Qualcosa che ricorda da vicino la parabola della squadra della generazione di fenomeni e il sogno è che l’epilogo sia diverso. Vale anche per le donne dopo che Velasco ha rimesso insieme i cocci di una nazionale che si era consumata nel difficile rapporto tra le sue ragazze di riferimento. Tutto è cambiato nell’inverno e ora si va per vincere.Rachele Sangiuliano, talent di Eurosport e Discovery+ che racconterà le Olimpiadi parigine nei due tornei di pallavolo, fa le carte a quanto accadrà nelle due settimane a cinque cerchi.Come arriviamo a Parigi?”Con tantissime aspettative e con la giusta dose di pressione. Però la pressione è un privilegio che ti sei guadagnato e che apre a traguardi importanti”.Sia per gli uomini che per le donne?”Abbiamo un gruppo di ragazze che possono centrare i quarti di finale, traguardo mai ottenuto dal Duemila. E non ci si deve nascondere che l’obiettivo può essere una medaglia”.Gli uomini volano a Parigi da campione del mondo”Nelle Olimpiadi abbiamo conquistato tre volte la medaglia d’argento e il sogno è prender finalmente quella d’oro. Sarà un torneo complicato, con tante squadre forti. Entrambe le nostre nazionali hanno un po’ sofferto nel percorso di avvicinamento alle Olimpiadi: prima con la qualificazione mancata lo scorso mese di settembre e poi con qualche infortunio che può aver mutato gli equilibri”.In panchina ci sono due fenomeni come Velasco e De Giorgi”Grandissimi allenatori con una storia nella storia. Fefè è stato allenato da Velasco con risultati importanti. Sono gli uomini giusti per ristabilire gli equilibri e dare la giusta dose di energia e tranquillità a giocatori giovani che hanno davanti a se un traguardo enorme”.Il percorso di Velasco con le donne non è stato lineare. Ha dovuto rimettere insieme i cocci di una nazionale che si era rotta?”Ha messo le cose in chiaro fin dal primo momento. La sua autenticità e la sua coerenza sono i suoi tratti distintivi. Ha definito ruoli chiave, la Egonu è un patrimonio per la pallavolo italiana ed è giusto che venga valorizzata nei modi corretti, facendole avere anche la propensione dell’atleta che si mette al servizio della squadra”.Gli uomini si portano dietro una maledizione. Si può pensare di caricarsi meno pressione per provare a sfatarla?”Siamo campioni del mondo, quindi la pressione c’è per forza. Sono la squadra più giovane in assoluto che significa avere freschezza e capacità di affrontare tutto con più leggerezza. Sono ragazzi che non vivono la loro ultima Olimpiade, con l’obbligo di conquistare un risultato. Se sapranno continuare a divertirsi in campo, forse è la volta buona che si possa divertirsi tutti insieme fino alla fine”.

  • Paul Andrew è il nuovo direttore creativo di Sergio Rossi
    by Mariella Baroli on 24 Luglio 2024 at 13:47

    Paul Andrew è il nuovo direttore creativo di Sergio Rossi. A darne l’annuncio, in un comunicato, il marchio italiano di calzature di lusso che definisce lo stilista una «voce di spicco nella nuova generazione di talenti del design».Un passato da Ferragamo — dove ha vestito il ruolo di direttore creativo — Donna Karan, Calvin Klein, Narciso Rodriguez e Alexander McQueen, Paul Andrew è stato anche il primo designer di calzature a vincere il premio CFDA/Vogue Fashion Fund Award con il suo marchio omonimo, nato nel 2013.«Il lavoro di Andrew è allo stesso tempo audace e pragmatico, bilanciando l’artigianalità con le ultime innovazioni materiali e tecnologiche» si legge nel comunicato ufficiale. «La sua fervente etica del lavoro, la dedizione alla costruzione del marchio e l’imprenditorialità gli sono valsi elogi e riconoscimenti commerciali a livello internazionale».Helen Wright, ceo di Sergio Rossi ha commentato la nomina, dichiarando: «Paul Andrew è un talento straordinario ed entusiasmante per guidare la direzione creativa del nostro leggendario marchio Sergio Rossi. È ammirato in tutto il mondo per il suo design innovativo di calzature e per la sua fluidità e maestria tecnica. Porta con sé un profondo rispetto per la tradizione del nostro marchio, una comprensione istintiva della nostra clientela diversificata e, soprattutto, una vivacità creativa che catturerà l’immaginazione della donna Sergio Rossi di oggi e di domani».Alle parole della Wright si aggiungono quelle di Eric Chan, ceo di Lanvin Group — «Paul è destinato a guidare Sergio Rossi in una nuova era di successo» — e quelle di Zhen Huang, presidente del Gruppo Lanvin che si è dichiarato fiducioso nella continua evoluzione e prosperità del marchio.«Sono onorato e felice di unirmi a Sergio Rossi come direttore creativo, un brand di calzature di fama mondiale le cui radici e la cui eredità parlano del potere duraturo del savoir faire artigianale italiano. Sono entusiasta di poter costruire su queste basi, combinando lo spirito unico di innovazione e l’alta artigianalità di Sergio Rossi, mentre diamo forma a una nuova e brillante visione per il marchi» ha infine commentato Paul Andrew.

  • Le Olimpiadi del grandeur sono un mezzo flop turistico
    by Cristina Colli on 24 Luglio 2024 at 13:30

    Ci siamo. Parigi 2024 è al via (venerdì) ma se sponsor e spettatori abbienti fanno il boom (giro d’affari stimato di 16,5 miliardi di euro), le prenotazioni nella capitale francese segnano un calo del 15% rispetto all’anno scorso. Niente traino dei Giochi, anzi. Costi troppo elevati e così i turisti, stando ai numeri attuali, hanno scelto altre mete per quest’estate, lasciando l’evento agli sponsor e ad una cerchia di appassionati, ricchi.L’organizzazione di Parigi 2024 costerà tra gli 8,8 e i 9.2 miliardi di euro (lontano dai 14/16 miliardi di euro di Londra, Rio e Tokyo) e le sponsorizzazioni sono esplose. Investimenti entusiastici che hanno superato il miliardo atteso, raggiungendo 1,24 miliardi di euro. Ma la risposta del turismo non è altrettanto brillante, a dir poco è tiepida. Le prenotazioni sono le più basse degli ultimi 25 anni per qualsiasi evento sportivo. La previsione era di accogliere circa 11,3 milioni di visitatori durante i Giochi, ma i turisti internazionali latitano, sono solo il 10%. Il calo di presenze annunciate per Parigi è del 15% rispetto allo stesso periodo del 2023, i tassi di occupazione alberghiera sono scesi all’80% (a Londra nel 2012 il 90% degli alberghi era pieno, a Rio nel 2016 il 94%). Gli hotel hanno registrato una perdita del 25% dei ricavi già in giugno. I turisti hanno iniziato ad evitare la capitale francese con settimane di anticipo. Solo Airbnb ha guadagnato, con un nuovo record: + 400% rispetto alla scorsa estate.Perché entusiasmo così smorzato per la Ville Lumière olimpionica? I costi troppo elevati. A partire da una Cerimonia d’apertura riservata a chi può permettersi di spendere fino a 4mila euro. I biglietti da 90 e 250 euro sono finiti in un attimo, erano pochi. E assistere alle gare non sarà molto più accessibile. Si va dai 500 ai 2700 euro. Per l’evento di chiusura si dovranno spendere 1600 euro. Una delle edizioni dei Giochi più costose di sempre. Si aggiunge poi tutto il resto. I prezzi dei trasporti pubblici sono stati raddoppiati, proprio per il periodo Olimpiadi e Paralimpiadi (dal 20 luglio all’8 settembre). Il ticket singolo da 2,15 euro è ora a 4 euro. Il carnet da dieci biglietti costa 32 euro contro i 17,35 di prima. I bus navetta dagli aeroporti sono passati da 10,30 (o 14,50) euro ai 16 euro.Stessa situazione per la tassa di soggiorno a Parigi. Per un tre stelle ora il prezzo è 5,2 euro contro 1,88 del periodo normale (da 1 euro a 2,60 euro per gli ostelli). Prezzi schizzati anche per una camera di Hotel. Nei 4 stelle servono fino a mille euro a notte durante le Olimpiadi.Significativa la dichiarazione di Air-France-Klm a commento dei dati delle prenotazioni estive sui voli: “I mercati internazionali mostrano un significativo desiderio di evitare Parigi”. La stima è di una perdita di 160/180 milioni di euro per la compagnia nel trimestre giugno-agosto.A due giorni dal via, il flop turistico sembra realtà per Parigi 2024.

  • Un’estate a St Mortiz
    by Alessandra Ballarini on 24 Luglio 2024 at 13:28

    Nel cantone dei Grigioni, in Svizzera, c’è una valle dalle mille sfumature: l’Engadina, che può essere vissuta in ogni stagione. Tra boschi raggiungibili con splendidi sentieri e rive dalle acque cristalline, c’è il lago di St.Moritz, dove si affacciano alcune strutture alberghiere a circa 1800 metri di altezza.Spicca, per vista paradisiaca, il 5 stelle Superior La Margna della catena Grace che, a differenza degli altri, è aperto tutto l’anno. Il brand Grace rappresenta stile e servizi esclusivi e il boutique hotel La Margna ne sottolinea l’eleganza, la grazia, la raffinatezza e un approccio innovativo da molti punti di vista: un’atmosfera calda e intima che avvolge gli ospiti, un luogo di ospitalità presente ma mai invadente.È composto dall’edificio storico in stile liberty e da una nuova recente ala con suite che oltre alla spa comprende anche l’esclusiva Grace Penthouse, con terrazza privata e vasca idromassaggio all’ultimo piano. L’obiettivo dell’architetto nel progetto di restyling, è stato quello di giocare con i contrasti: tradizione e innovazione, classicità e modernità. Tutti gli interni (made in Italy by Molteni&C, l’iconico brand di mobilio), danno un’idea di spazio che si ingloba naturalmente nel paesaggio circostante. Il dolce risveglio al mattino è caratterizzato da una colazione internazionale ricca di profumi e sapori ma la scelta eco-friendly della struttura è di privilegiare un ampio menu à la carte anziché avere un buffet troppo “carico” di cibo, in modo da evitare gli sprechi alimentari. Così come è fortemente suggerito ai clienti che prenotano di pensare all’opzione mezzi pubblici di trasporto per raggiungere la regione; il treno panoramico che arriva fin lì attraversando vigneti, pascoli e spettacolari scenari alpini, ferma a una stazione ferroviaria a pochi metri dalla location. Un’alternativa nobile, consapevole e sostenibile per salvaguardare l’ambiente.Al pomeriggio, quando si rientra da un pic-nic o da una passeggiata in bici o a piedi, un angolo di pace è la zona giorno, una lobby lounge perfetta per prendersi una pausa di riposo o di lettura, dove incontrarsi e rilassarsi di fronte al fuoco scoppiettante del camino. Ma ogni senso va stimolato, e grazie al ristorante The View con vista sul lago, si può intraprendere un percorso di gusto. Lo chef Andrea Bonini sceglie i migliori ingredienti di stagione per liberare la sua creatività: una cucina leggera e gustosa con attenzione alle intolleranze alimentari.Innumerevoli le esperienze outdoor in piena sintonia con la natura; possono essere consultate nel programma realizzato ad hoc “Grace Weekly”, che informa sui momenti salienti della settimana per esplorare il mondo de La Margna, di St.Moritz e dell’Engadina; uno spazio fisso è riservato al Kids Club, dove bimbi ospiti ed esterni potranno trascorrere giornate a costruire ricordi.Non poteva mancare il fiore all’occhiello, vero cuore della location: si tratta di N/5 The Bar premiato ai Swiss Location Awards, che conta un team giovane e dotato guidato dal Bar Manager e Master Mixologist Mirco Giumelli, più un menu di cocktail esclusivi, una selezione di drink artigianali unici, realizzati con i migliori ingredienti proprio dai barmen. L’idea in più? Le antiche carte dei tarocchi sono state rivisitate dallo staff del bar: scegliendone una dal mazzo, avrete uno sguardo divertente e spensierato sulla serata e sul futuro grazie all’interpretazione originale dei master mixologist. Se data l’ampia proposta non avete idee precise su cosa bere, lasciate fare al destino o a chi vi serve, in fondo i bartenders sono degli alchimisti, anche se solo del buon bere. Non preoccupatevi per la forma fisica: la palestra è aperta 24 ore su 24. E mentre la mente si rilassa tra le nuvole dell’alta montagna, il corpo si rigenera nella spa di circa 700mq in stile contemporaneo avvolta da un silenzio potente, luogo perfetto per ritrovare il contatto con le priorità della vita. Oltre a due saune, un bagno turco, esclusive sale per trattamenti, una Spa Suite privata e una Spa Lounge, la piscina di 20 metri permette di “nuotare all’infinito” grazie ad un sistema controcorrente. Per chi invece vuole stimolare il collagene preparando l’abbronzatura, c’è un solarium sofisticato abbinato ad un lettino a pendolo: un vero e proprio sonno di bellezza che grazie alla distanza e alla libertà spaziale, dà la sensazione di prendere il sole come all’aria aperta.Alla fine, vi renderete conto che non sarete voi ad aver scelto questo posto speciale, ma che è stato lui a scegliere voi.

  • Addio a John Mayall, il maestro del blues inglese
    by Gabriele Antonucci on 24 Luglio 2024 at 12:49

    Molti artisti rock sostengono che il blues sia l’anima della musica, la fonte alla quale si torna sempre ad abbeverarsi. Una fonte miracolosa, a giudicare dall’energia e dall’entusiasmo che ha accompagnato per 90 anni John Mayall, il padrino del blues inglese, morto lunedì «pacificamente nella sua casa in California», come ha dichiarato la sua famiglia su Facebook, senza specificare la causa della morte. «I problemi di salute che hanno costretto John a porre fine alla sua epica carriera in tournée hanno finalmente portato la pace per uno dei più grandi guerrieri della strada di questo mondo», si legge nella nota. «John Mayall ci ha regalato 90 anni di instancabili sforzi per educare, ispirare e intrattenere».Sono davvero pochi, nella storia del rock, gli artisti che hanno avuto l’influenza musicale di John Mayall, leader e fondatore dei leggendari Bluesbreakers, una vera e propria università del blues, dove si sono «laureati» artisti del calibro di Eric Clapton, Peter Green, Mick Fleetwood, John McVie e Mick Taylor. Tutti nomi che devono molto a Mayall, compositore, polistrumentista e autore di memorabili assoli di armonica, che ha trascorso sessant’anni sul palco a diffondere il verbo del blues.Il leone di Macclesfield si trasferì a Londra dal nord dell’Inghilterra nel 1963, abbandonando la sua professione di grafico per seguire il demone del blues, un genere che trae origine dal gospel e dagli spiritual, ispirato ai canti degli schiavi afroamericani che lavoravano nelle piantagioni di cotone, le cosiddette “Cotton belt”, diffuse in particolare nel Mississippi. Mayall, pur rispettando le radici, elaborò una sua versione del blues americano negli indimenticabili album Blues Breakers (con in copertina un giovanissimo Eric Clapton) e A Hard Road, che gli portarono fama e successo in Europa e negli Stati Uniti, dove si trasferì a Los Angeles fin dal 1969.Nel corso della sua intensa carriera, il bluesman inglese ha registrato oltre 30 album, di cui l’ultimo, The Sun Is Shining Down, soltanto due anni fa. Per capire l’influenza del bluesman inglese, basti pensare che fu Mayall a consigliare ai Rolling Stones il bassista Mick Taylor dopo la morte di Brian Jones, dando così il via ad una nuova era dei Rolling Stones, mentre Eric Clapton, che a inizio carriera ha vissuto per alcuni mesi nel ripostiglio all’ultimo piano della casa di John, ha più volte dichiarato che i Bluesbreakers sono stati per lui «una sorta di scuola di perfezionamento musicale, impegnativa ma gratificante».Nel 2005 Mayall è stato nominato ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico e a ottobre entrerà nella Rock & Roll Hall of Fame: peccato che non potrà assistere alla cerimonia di introduzione del massimo riconoscimento per un artista rock con almeno 25 anni di carriera, lui che, per 60 anni, ha calcato i palchi di tutto il mondo.

  • Gli Usa puntano alla svolta diplomatica in Sudan
    by Stefano Graziosi on 24 Luglio 2024 at 12:30

    Dobbiamo attenderci una svolta nella guerra civile in Sudan? I paramilitari delle Rsf si sono detti disponibili a partecipare a dei colloqui per un cessate il fuoco, dopo che gli Stati Uniti avevano esortato al dialogo le parti in conflitto: in particolare, Washington aveva avanzato l’idea di un vertice da tenersi il 14 agosto in Svizzera. “Gli Stati Uniti hanno annunciato che i negoziati saranno co-ospitati dall’Arabia Saudita e includeranno l’Unione Africana, l’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti e le Nazioni Unite in qualità di osservatori”, ha riferito Al Jazeera. “Apprezzo gli sforzi compiuti dagli Stati Uniti, dall’Arabia Saudita e dalla Svizzera nell’organizzazione di questi colloqui cruciali. Condividiamo con la comunità internazionale l’obiettivo di raggiungere un cessate il fuoco completo in tutto il Paese, facilitando l’accesso umanitario per tutti coloro che ne hanno bisogno e sviluppando un solido meccanismo di monitoraggio e verifica per garantire l’attuazione di qualsiasi accordo raggiunto”, ha dichiarato il leader delle Rsf, Hemedti. Dall’altra parte, il capo dell’esercito sudanese, Abdel Fattah al-Burhan, non ha ancora reso noto se prenderà parte ai colloqui.Ricordiamo che al-Burhan e le Rsf sono in guerra dall’aprile dell’anno scorso. Finora si sono registrate decine di migliaia di vittime e si contano quasi dieci milioni di sfollati. Non mancano inoltre le ramificazioni di carattere geopolitico. Un tempo, la Russia intratteneva rapporti piuttosto stretti con le Rsf. Ultimamente Mosca sembra invece essersi maggiormente avvicinata ad al-Burhan. Il mese scorso, Deutsche Welle riportò che i russi erano pronti a siglare una serie di accordi nel settore della difesa con il governo sudanese. Mosca punterebbe soprattutto a realizzare una propria base navale sul Mar Rosso. Non solo. Appena pochi giorni fa, Sudan e Iran si sono scambiati gli ambasciatori dopo otto anni: ricordiamo che Teheran è uno dei principali alleati mediorientali della Russia e che, tra le varie organizzazioni terroristiche, finanzia anche quegli Huthi che da mesi infestano le acque proprio del Mar Rosso. Sul fronte opposto, è chiaro che l’impegno diplomatico di Washington nella guerra civile sudanese è finalizzato (anche) a recuperare terreno in una regione, quella del Sahel, rispetto a cui gli Stati Uniti hanno recentemente perso influenza. Un Sahel che si è invece progressivamente spostato nell’orbita russa, soprattutto per quanto riguarda Mali, Burkina Faso e Niger. Ecco che quindi gli Stati Uniti stanno cercando di invertire la rotta. La mediazione in Sudan potrebbe offrire una significativa opportunità in tal senso. Bisognerà capire che cosa deciderà di fare al-Burhan. E quale sarà la reazione di Mosca alla proposta del vertice svizzero. Infine, coinvolgendo nella mediazione anche Arabia Saudita ed Emirati, gli Stati Uniti stanno cercando di rilanciare il proprio ruolo politico anche in Medio Oriente: un’area in cui l’amministrazione Biden ha perso notevolmente terreno in questi ultimi anni.

  • Il mondo a blocchi
    by Carlo Cambi on 24 Luglio 2024 at 12:30

    La Cina punta a diventare la prima potenza mondiale a scapito degli Stati Uniti. E per questo ha costruito forti alleanze con la Russia, l’India e gli altri Paesi Brics. Mentre il Vecchio continente resta fermo nel suo isolamento, ecco formarsi una geografia con altri protagonisti. Un ordine che rischia di archiviare, drammaticamente, la globalizzazione. La nuova Guerra fredda è cominciata.Tre mesi dopo. La Cina entrò nel Wto – l’Organizzazione mondiale del commercio – l’11 dicembre 2001, a 90 giorni dall’apocalisse delle Torri gemelle. L’unico atto di guerra mai portato sul territorio americano. George W. Bush, 43° presidente degli Stati Uniti che invaderà l’Afghanistan e poi l’Iraq a caccia di Osama bin Laden, non si ricordò che a Pechino studiano Sun Tzu: «L’arte suprema della guerra è quella di sottomettere il nemico senza combattere». Se ne è dimenticato tutto l’Occidente, compresa l’Europa che, nel suo afflato verde, si è ora consegnata nelle mani dei costruttori di batterie, pannelli fotovoltaici e auto elettriche che stanno al di là della Grande Muraglia. È in piedi da 2.300 anni e non è caduta come il muro di Berlino. Disegna una nuova geografia definendo i confini di un mondo sino-centrico dove si scontrano il blocco che dipende da Pechino e quello occidentale aggrappato alla Nato con l’Europa sempre più marginale, anche economicamente. I numeri, come sempre, spiegano: attorno alla Cina si muovono i Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica con la doverosa aggiunta di Arabia Saudita). Questi Stati rappresentano il 48 per cento degli abitanti del Pianeta e valgono il 32 per cento del Pil, più o meno 32 mila miliardi di dollari. Il G7 mette insieme meno di 800 milioni di persone (circa il 10 per cento della popolazione), vale ancora il 46 per cento del Pil mondiale – in un decennio ha perso il 20 per cento – e gli Stati Uniti sono il pilastro con poco meno di 27 mila miliardi contro i quasi 20 della Cina. L’India è diventata la quinta economia del mondo e, con una crescita dell’8,7 per cento, ha già superato la Germania. Così entro il 2030 sarà la terza economia del globo. Considerando il Pil a parità di potere d’acquisto, i Brics hanno già contribuito al 31,5 per cento del Pil globale, rispetto al 30 per cento del G7. Questo è il programma, per nulla segreto, di Xi Jinping deciso ad arrivare al 2049 – nel centenario della Repubblica popolare cinese – con l’annessione di Taiwan e il sorpasso dell’America come prima economia. Il resto sono incidenti di percorso. Il proiettile che doveva uccidere Donald Trump a Butler in Pennsylvania, è uno di questi. Quel «Fight, figth, fight» gridato col volto insanguinato e il pugno chiuso dal candidato repubblicano (e molto probabilmente prossimo presidente americano) ai suoi supporter fa venire in mente che proprio lui ha detto: «Non ci sarebbe mai stata la guerra in Ucraina con me presidente, non ci sarebbe stata la guerra con Israele e il 7 ottobre». Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino, ha recepito il messaggio: «A novembre, ai colloqui di pace, dovrà esserci anche una delegazione russa». Dimitri Peskov, portavoce di Vladimir Putin, ha risposto: «Il primo summit di pace di Zurigo tutto era tranne che di pace, vediamo».L’Ucraina è il tableau del Risiko che Pechino ha l’interesse ad allungare; come in Medio Oriente bisogna sfiancare l’Occidente, tenerlo impegnato. Soprattutto se Trump vorrà trattare con Putin, soprattutto se Viktor Orbán si mette nel mezzo e toglie a Recep Tayyp Erdogan – il turco bifronte che sta nella Nato, ma fa affari con Pechino e Mosca – il ruolo di mediatore di facciata. La Cina lavora perché i fronti restino caldi senza esplodere.È un segnale l’invito del ministro degli Esteri cinese Wang Yi a Ismail Haniyeh, il leader politico di Hamas, per incontrare una delegazione di Fatah guidata da Mahmoud al Aloul, il vicepresidente del partito palestinese: in discussione, il futuro della striscia di Gaza e della Cisgiordania. Apparentemente Pechino li vuole mettere d’accordo per poi trattare con Israele; probabilmente invece vuole marginalizzare gli Stati Uniti perché ha stretto un’alleanza di ferro con l’Arabia Saudita, partendo prima dal commercio per poi arrivare al sostegno politico e all’ingresso nei Brics e nella banca dei non allineati. Il regno di Riad è il primo fornitore di petrolio della Cina; accetta pagamenti in renminbi, la moneta del Dragone; ha un interscambio con quel Paese per 57 miliardi di dollari di export e 30,3 miliardi di import. Pechino che ha fatto da mediatore tra Iran e Riad vuole ergersi a protagonista dell’area. Si tratta sempre della strategia di Sun Tzu. In ossequio a questa la Cina tifa per lo scontro tra Russia e Stati Uniti, tra Mosca ed Europa. Guarda con soddisfazione ai venti da Guerra fredda che sono tornati a spirare sul confine nord-orientale europeo. Perché, nel frattempo, Pechino si sta schierando nel quadrante Indo-Pacifico.Lì, dopo aver conquistato l’Africa con una strategia economica avvolgente, vuole giocarsi la partita decisiva con Usa, Ue e Giappone. Teme soltanto che a Washington qualcuno si ricordi degli insegnamenti di Ronald Reagan che allora parlava dell’Urss, ma che oggi il suo probabile successore Trump potrebbe adattare alla Cina: «Siamo di fronte al nemico più malvagio che l’umanità abbia conosciuto nella sua lunga scalata dalla palude alle stelle. Non ci può essere sicurezza in nessuna parte del mondo libero se non c’è stabilità fiscale ed economica negli Stati Uniti». Xi Jinping non teme i missili americani che Joe Biden ha schierato in Germania con la massima soddisfazione di Olaf Scholz, il cancelliere «di stretta minoranza tedesca». Non teme neppure le intemerate dei capi europei della Nato – da Jens Stoltenberg che lascia, a Mark Rutte che entra, lo spartito non cambia – né il riarmo sul quadrante del Vecchio continente. Da noi ci pensa Putin a «tenere in caldo» la Guerra fredda. Xi Jinping teme l’America First: il dollaro, la ripresa produttiva americana. E deve stare assai attento alle prossime mosse di Trump, semmai tornerà alla presidenza, che proprio all’Indo-Pacifico aveva dedicato una precisa strategia: il Quod, un accordo tra America, Giappone, Australia e India. Ma Biden ha trascurato i rapporti con l’India e oggi dell’ambizioso piano anti-Dragone resta solo l’Aukus che non comprende più Nuova Delhi. D’altra parte, in quell’area la Cina è particolarmente attiva. Con Narendra Modi ha firmato il mese scorso 24 accordi commerciali per 10 miliardi di dollari e l’India – nonostante sia un concorrente industriale soprattutto sul fronte delle nuove tecnologie temibilissimo e si dia molto da fare per contrastare l’espansione cinese negli Stati insulari del Pacifico – è il primo partner per Pechino in quel quadrante. Qui la Cina punzecchia le Filippine, fa accordi di ferro via Putin con la Corea del Nord, accerchia con la strategia del pitone Taiwan, provoca i territori di Oltremare europei. E non è estranea ai disordini gravissimi scoppiati in Nuova Caledonia e che hanno allarmato la Francia. L’Europa, come al solito, procede divisa: la Germania ha stretto un bilaterale col Giappone, l’Italia partecipa a manovre navali, la Francia ha siglato un trilaterale con India e Australia, ma non si va oltre. La Cina invece fa la guerra senza farla: con i soldi. Lascia a Putin il compito di abbaiare alla luna sostenendo con Peskov: «Gli Stati Uniti hanno schierato missili di diversa gittata puntati verso il nostro Paese. Di conseguenza la Russia ha identificato centri europei come obiettivi per i nostri missili». Il paradosso è che gli Stati Uniti continuano a incassare denaro, mentre l’Europa è nel mirino dei missili. Tutto questo, ha detto Peskov, è già successo in passato. «Abbiamo abbastanza potenziale per scoraggiare questi missili e le capitali europee sono possibili bersagli» ha scandito. Davvero sembra che l’orologio della storia sia tornato agli anni della Guerra fredda. A far girare al contrario le lancette è stato Biden quando ha ordinato – dopo venti, disastrosi anni d’occupazione – il ritiro da Kabul. La «retromarcia» dall’Afghanistan a fine agosto del 2021 ha convinto sei mesi dopo il Cremlino a lanciare, a fine febbraio 2022, l’offensiva su Kiev. I russi e i cinesi si erano convinti che Washington avesse iniziato il disimpegno militare globale. E mentre Putin è rimasto a fare la guerra, Pechino ha proseguito la sua corsa verso il futuro. Ciò che Xi Jinping teme è che mentre l’arma di distrazione di massa – il conflitto in Ucraina, quello palestinese, gli attacchi degli Houthi nel mar Rosso, le rivolte nelle enclave europee sparse nel mondo come ultime eredità dell’epoca coloniale – funziona, s’inceppi il grosso calibro: l’offensiva economica. Per questo ad Astana, in Kazakistan, meno di un mese fa il presidente a vita del Dragone ha ribadito che l’alleanza con Putin è il pilastro del nuovo ordine mondiale; per questo ha insistito che l’annuale vertice della Sco, l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, è insieme con il gruppo dei Brics il punto di partenza per la liberazione dal dollaro; per questo ha rilanciato l’idea che insieme alla Bielorussia anche il Kazakistan entri nell’orbita dei Paesi che fronteggiano l’Occidente in un’alleanza allargata a Turkmenistan, Tagikistan e che flirta con l’Azerbaigian. Lì, nel cuore caucasico d’Eurasia ci sono le riserve energetiche, lì ci sono tassi di crescita esuberanti. È questo l’arsenale con cui Xi sta muovendo alla conquista del mondo. Disegna una nuova geografia: quella dei blocchi mandando in soffitta la globalizzazione cominciata l’11 dicembre, ventitré anni fa.

  • Nuovo Cda per Olidata. Claudia Quadrino nominata ad
    by Redazione Panorama on 24 Luglio 2024 at 12:10

    L’assemblea dei soci di Olidata ha deliberato oggi la revoca dei singoli membri del Cda e ha provveduto alla nomina del nuovo consiglio d’amministrazione.Con una nota pubblicata la società ha ufficializzato l’insediamento del nuovo Cda che ha quindi preso in consegna le attività correnti, conferendo i poteri gestori e nominando i comitati endoconsiliari. In particolare, il consigliere Claudia Quadrino è stata nominata amministratore delegato e le sono stati conferiti i necessari poteri per la gestione dell’azienda. La nomina di Claudia Quadrino, già amministratore delegato di Sferanet, si inserisce e si motiva in un’ottica di continuità, anche in considerazione della riorganizzazione aziendale in corso, che prevede a breve la fusione per incorporazione di Sferanet in Olidata. A valle delle nomine, il Cda ha dato mandato all’amministratore delegato, anche per il tramite dei consulenti che assistono la società, di avviare le necessarie verifiche funzionali all’avvio di un’eventuale azione di responsabilità a carico dei tre amministratori indipendenti revocati, anche a seguito delle attività svolte e dalle iniziative da essi avviate nel corso dell’ultimo mese. Il Cda infine ha verificato l’avveramento di tutte le condizioni sospensive previste per la stipula dell’atto di fusione. D’intesa con Sferanet, pertanto, la società procederà alla stipula dello stesso nel più breve tempo.

  • Utile netto di 2,7 miliardi di euro per Unicredit
    by Cristina Colli on 24 Luglio 2024 at 11:31

    Unicredit vola, di nuovo. Quattordicesimo trimestre record e annuncio di acquisizioni strategiche. L’istituto guidato da Andrea Orcel ha chiuso l’ennesimo trimestre positivo, con un utile netto di 2,7 miliardi di euro, in aumento del 4,7% rispetto al trimestre precedente e del 15,9% su base annua. I ricavi netti si attestano a 6,3 miliardi di euro, segnando un incremento del 6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E nel giorno della pubblicazione dei risultati anche un annuncio: l’acquisto di due banche, Vodeno e Aion Bank, per 370 milioni di euro.Piazza Gae Aulenti ha chiuso il quattordicesimo trimestre di crescita all’indomani del titolo che ha sfondato quota 39 euro. Periodo chiuso con un utile netto di 2,7 miliardi (la stima degli analisti era ferma a 2,35 miliardi di euro) e ricavi netti arrivati a 6,3 miliardi Margine di interesse stabile a 3,6 miliardi di euro nonostante la diminuzione dell’Euribor. Significa +6% sull’anno. A spingere sono le commissioni (+10% anno), il margine di interesse (+1,9%) e i proventi da attività di negoziazione (+1,7%). Il rapporto costi/ricavi è migliorato superando il 36%. La banca ha inoltre confermato un acconto sul dividendo di 1,4 miliardi di euro in contanti, distribuiti il prossimo novembre.Risultati record che portano a rivedere al rialzo la guidance per quest’anno. Previsti ricavi netti superiori a 23 miliardi di euro e un utile netto di oltre 8,5 miliardi di euro. “Per la prima metà e il secondo trimestre di quest’anno, Unicredit ha riportato ancora una volta una serie record di risultati finanziari. Unicredit sta fissando un nuovo modello di riferimento per il settore bancario, e la chiara direzione strategica che abbiamo intrapreso ci consentirà di crescere, di remunerare regolarmente gli investitori e le nostre persone, e di realizzare le nostre ambizioni per i nostri clienti e le comunità in cui operiamo”, ha commentato il ceo Andrea Orcel.E nel giorno dei risultati record Unicredit ha anche annunciato l’accordo vincolante per l’acquisizione dell’intero capitale sociale di Vodeno e Aion Bank dal fondo statunitense Warburg Pincus, per 370 milioni di euro. Questa operazione era nell’aria dallo scorso febbraio e sarà perfezionata nel quarto trimestre dell’anno, dopo l’ottenimento delle autorizzazioni. Acquisizione che segna un passo importante verso l’espansione della banca guidata da Orcel nel settore del Banking-as-a-Service (BaaS). Vodeno e Aion Bank riescono infatti a incorporare servizi finanziari completi, inclusi conti correnti, depositi, prestiti e servizi di pagamento, direttamente nei processi di retailer, marketplace, e-commerce, fintech, fornitori di tecnologia finanziaria e banche e proporre anche investimenti e il sempre più diffuso “compra ora, paga dopo”. Nuova clientela e nuovi mercati in tutta Europa per Unicredit dunque.

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